la montagna che cura

La Montagna che Cura

 

 

Quando uomini e montagne si incontrano, grandi cose accadono, scriveva William Blake. A scommettere sul potere terapeutico della montagna e dell’ascesa è stato un team composto da medici, psicologi e psichiatri a partire dagli Anni Novanta. Furono loro i primi a intuire le immense potenzialità insite nell’ambiente alpino quale inusuale luogo di cura, capace di favorire il cambiamento e la crescita personali.

 

A scommettere su questo innovativo approccio, capace di coniugare la bellezza della natura e gli strumenti della psicologia, mettendoli al servizio di persone sofferenti o in condizioni di svantaggio sociale, è lo psicologo carpigiano luca masini. “Io amo la montagna. E’ il mio vestito ideale. Il luogo nel quale mi sento completamente a mio agio. Camminare, scalare, arrampicare… produce straordinari effetti benefici. Soddisfazione, superamento degli ostacoli, adrenalina”, spiega masini. L’obiettivo non è certo raggiungere la cima, bensì darsi obiettivi e raggiungerli. Un passo dopo l’altro. Spostando il proprio limite sempre un po’ più lontano. “La montagna - prosegue - ci ricorda l’importanza dell’umiltà, di riappropriarsi delle cose semplici, di assaporare la vita con maggior lentezza”.

 


Dottor masini, cosa si intende per Montagna terapia?

 


“E’ un originale approccio metodologico a carattere terapeutico-riabilitativo e socio-educativo, finalizzato alla cura, al miglioramento e alla riabilitazione degli individui con differenti problematiche psicologiche, comportamentali, patologie fisiche o disabilità; é progettato per svolgersi, attraverso il lavoro sulle dinamiche di gruppo, in un ambiente montano con la fondamentale collaborazione dell’Associazione delle Guide Alpine Italiane  o del CAI - Club Alpino Italiano. Circondati dalla bellezza si cerca di attivare delle dinamiche che permettono all’individuo di stringere relazioni significative col gruppo e, allo stesso tempo, di sperimentarsi e mettersi in gioco. Durante il cammino, lungo un sentiero, ciascuno osserva il proprio passo ma, nel caso in cui abbia bisogno di aiuto, il gruppo è pronto a intervenire”.

 


In che modo l’ambiente alpino può rivelarsi terapeutico?

 


“In montagna attraverso il cammino ci si focalizza sui propri stati d’animo, sulle mutazioni e sui cambiamenti che avvengono dentro se stessi così come accade nel terreno, nel panorama, nel cielo o nel meteo. Non solo: la montagna con le sue impervie difficoltà ti porta a contatto con emozioni negative che sempre più spesso l’individuo nega a se stesso e fatica a riconoscere.
In questo laboratorio “naturale” le forti emozioni, i legami che si creano e le interazioni che la montagna fa emergere permettono all’individuo di sperimentarsi con un sé che inevitabilmente, posto di fronte a certe situazioni, non può essere più lo stesso. In montagna si esaltano i propri limiti così come le proprie risorse e si riattivano sistemi motivazionali primitivi che spesso nella realtà di tutti i giorni si tengono sotto traccia. In montagna e con il gruppo si creano anche processi relazionali alla base dell’essere umano: la necessità di legarsi agli altri, di dipendere dall’Altro, il bisogno di solitudine e di isolamento, l’affidarsi ma al tempo stesso il ritirarsi dall’altro. La prima uscita che ho fatto insieme alla guida alpina Massimo Ruffini, facente parte delle Guide della Pietra di Bismantova, e ad alcuni utenti psichiatrici della comunità dell’Ovile di Reggio Emilia e della Cooperativa Aliante, lungo i sentieri del nostro Appennino Tosco-Emiliano, ci ha consentito di conoscerci e sperimentarci nella relazione. Nella seconda escursione sono invece riuscito a inserire qualche goccia di psicologia: dal rilassamento muscolare al mindfulness, al confronto di gruppo su tematiche significative per il gruppo stesso. Strumenti preziosi da adottare anche nella vita quotidiana. Insieme ci siamo sentiti parte di qualcosa: tutti eravamo pronti ad affrontare una nuova avventura, una nuova salita. Può sembrare banale ma per molte persone, vincere la paura e mettersi alla prova, in un contesto di gruppo, è tutt’altro che scontato.
Il progetto con questi utenti proseguirà attraverso una ulteriore escursione notturna che ci vedrà poi pernottare al rifugio MonteOrsaro, sull’Appennino Tosco-Emiliano”.

 


Quali sono le difficoltà maggiori che emergono durante il cammino?

 


“Fermarsi lungo un sentiero ad ascoltare i suoni della natura è spiazzante per i nostri compagni di salita. Così come darsi obiettivi, un passo dopo l’altro, confrontandosi con gli altri. Le escursioni ci consentono di sradicare in loro alcune abitudini negative, di favorire il superamento di numerose paure e l’acquisizione di una maggiore consapevolezza di sé, rimettendoli così in moto fisicamente e mentalmente”.

 


Per chi si può rivelare particolarmente positivo questo approccio?

 


“Il mio desiderio è quello di coinvolgere le comunità del territorio che accolgono utenti con disagio sociale/psicologico: la montagna terapia può essere funzionale in quanto dà modo a coloro che vivono in comunità e affrontano percorsi di residenza o semiresidenza di sperimentarsi e di trascorrere del tempo significativo durante il weekend, solitamente passato in solitudine. Credo, e lo dico con la massima onestà intellettuale, che imparare a leggere la montagna, a stare in un ambiente rude ma bellissimo, a sperimentare il senso di libertà… sia davvero un’occasione preziosa. Ripetibile in autonomia e pertanto spendibile in futuro.
Ad accogliere con entusiasmo la mia proposta sinora sono stati l’Ovile di Reggio Emilia e la Coop Aliante, la quale gestisce appartamenti ad alta protezione a Carpi e Modena, ma il mio desiderio è quello di allargare le mie collaborazioni anche sul territorio carpigiano e di lavorare con pazienti psichiatrici, persone con disagio socio-relazionale e minori con problematiche comportamentali”.
 

Jessica Bianchi >Leggi articolo sul Temponews